È passato del tempo dall’ultimo aggiornamento. Ormai un po’ mi conoscete e sapete che di tanto in tanto mi eclisso. Svolgendo personalmente ogni parte della coltivazione, lavorazione e tessitura del lino c’è sempre da fare; se poi aggiungiamo anche la filatura e tintura della lana, le ricerche sulla tessitura, incontrare le persone e divulgare ciò che ho raccolto durante il mio cammino… non sempre riesco a seguire i social e il blog con regolarità, così ormai mi affaccio solo sporadicamente a questa finestra sul mondo.
Volevo scrivere questo post già da un po’ di tempo per mostrarvi cosa ho realizzato durante il mio ultimo periodo di “silenzio”.
Si tratta di un ricamo in bisso marino che ho lavorato, filato e schiarito in varie gradazioni di colore e infine tessuto sul lino che ho coltivato con le mie mani.
L’ho visto nascere dalla terra e l’ho trasformato in filo per accogliere un altro filo, quello di bisso, che racconta una storia d’acqua. Così questi due elementi naturali si sono uniti per far germogliare sul telaio "L'albero della vita e delle madri", che porta in sé i simboli del femminile.
Una parentesi sulla lavorazione del bisso e sulla sua provenienza
Ho imparato a lavorare il bisso a Sant'Antioco dieci anni fa, all’inizio del mio percorso con la tessitura e mai avrei pensato di abbandonarlo, ma essendo un materiale prodotto da Pinna nobilis un mollusco in via d'estinzione e protetto (direttiva 92/43/CEE sulla Conservazione degli habitat naturali e semi-naturali e della flora e della fauna selvatica), ho dovuto necessariamente metterlo da parte. Così ho proseguito nel mio percorso, dedicandomi agli studi sulla lavorazione del lino e sulla tintura vegetale, in attesa di trovare un modo per rispettare la legge e contemporaneamente tenere viva anche questa preziosa tradizione.
E così è stato: grazie a una ricerca durata cinque anni sono riuscita a reperirlo al di fuori dell'Unione Europea in maniera del tutto legale. Il bisso che utilizzo proviene da un mollusco chiamato Atrina pectinata (o Pinna pectinata), che viene pescato per l'alimentazione in varie regioni oceaniche, soprattutto nell'oceano Indiano e Pacifico (ma anche in alcune zone dell'Atlantico). Il bisso, dopo la pesca, viene solitamente scartato e non trova impiego in campo tessile. I filamenti prodotti da questo mollusco, infatti, possiedono le stesse caratteristiche di quelli di Pinna nobilis, la più nota parente europea; sono però presenti in scarsa quantità e più corti, perché il bivalve Atrina pectinata ha dimensioni ridotte, cosa che rende la loro filatura ancor più complicata. C'è da aggiungere che spesso vengono danneggiati e strappati durante le fasi di pesca, e questo accresce ulteriormente le difficoltà.
Per questi motivi, oltre alla lunga e rarissima lavorazione, che solo poche persone al mondo sono in grado di eseguire, non esiste un mercato del bisso. Per quanto mi riguarda la cosa è irrilevante: il mio desiderio non è quello di far nascere "un'industria" del bisso su larga scala, ma utilizzare quel poco che riesco a procurare per tenere in vita e tramandare questo sapere che ancora sopravvive in Sardegna, nel Sulcis. Purtroppo al momento non ci sono altre soluzioni lecite.
Per questi motivi, oltre alla lunga e rarissima lavorazione, che solo poche persone al mondo sono in grado di eseguire, non esiste un mercato del bisso. Per quanto mi riguarda la cosa è irrilevante: il mio desiderio non è quello di far nascere "un'industria" del bisso su larga scala, ma utilizzare quel poco che riesco a procurare per tenere in vita e tramandare questo sapere che ancora sopravvive in Sardegna, nel Sulcis. Purtroppo al momento non ci sono altre soluzioni lecite.
Il connubio tra il lino, terra fatta filo, e il bisso, che racconta d’acqua, è per me l’equilibrio tessuto tra due elementi naturali sinonimo di vita. Terra e acqua tessute insieme per ricordare da dove veniamo e cosa è veramente indispensabile, non solo per vivere, ma soprattutto per imparare a coltivare valori che sopravvivano alle mode e allo scorrere dei giorni.
Un tessuto può essere considerato niente più che un insieme di fili, oppure un linguaggio che attraverso i suoi simboli senza tempo parla ancora oggi al nostro cuore.
Quando mi avvicinai al mondo della tessitura, tanti anni fa, fu questo uno degli aspetti che mi affascinarono maggiormente: il fatto che un tessuto possa “parlare”. Certo, in antichità tutti ne conoscevano il linguaggio e quindi la lettura era più immediata, ma sono certa che le nostre antenate abbiano voluto far sì che il filo della memoria si potesse ritrovare, nel caso fosse andato perduto. Lo chiamerei istinto materno, per l’appunto, perché è naturale cercare di preservare nel tempo ciò che si ama e si considera importante.
Così cominciai a “leggere”, non solo a osservare, le storie di simboli e fili tessute da donne sconosciute, nate e vissute nel passato, e parti di me che erano sopite germogliarono nel profondo, tornando alla luce… proprio come tanti piccoli semi di lino dorato che spuntano dalla terra anche dopo anni, o come il bisso, che riluce d’oro quando incontra un raggio di sole. Metafore di diversa natura per rappresentare fili di nuova e antica consapevolezza ritrovati.
Prima di allora un tessuto era solo un tessuto, dopo è divenuto vita vissuta. La loro vita, la mia e quella di tutte le donne che ho incontrato e incontrerò nel mio cammino, unite in un intreccio indissolubile. “L’albero della vita e delle madri” è parte di questo racconto che continuerò a tessere finché il mio cuore avrà filo da darmi.
Un ricamo in lino e bisso nato dal mio telaio è il dono che ho pensato e tessuto per il Museo Sanna di Sassari.
Suggellerà una collaborazione cominciata la scorsa primavera della quale vi racconterò prossimamente: è una storia bellissima che parla di giovani donne e di telai.
Ovviamente nel frattempo potete ammirarlo nel mio laboratorio “Sa domu de su linu”, al borgo medievale di Tratalias, insieme ad alcune fasi della lavorazione del bisso e del lino.
Ora vado, il fuso mi chiama… un nuovo tessuto con la sua storia sta già nascendo dalle mie mani e dal mio cuore.
Un forte abbraccio, Arianna