sabato 9 novembre 2013

"La via delle rosse foglie" - una sciarpa per danzare

Creare questa calda sciarpa lavorata ai ferri e all'uncinetto è stata un'esperienza magica. L'ho realizzata in un filato color ruggine con degli spruzzi d'oro, proprio perché, indossandola, desse l'idea di una romantica via autunnale ricoperta dalle foglie di quei colori.
Un punto tira l'altro, nel vedere le foglie formarsi la mia fantasia ha danzato dando vita alla storia de "La via delle rosse foglie", spero vi faccia sognare come ha fatto con me!

"Nel pomeriggio del 4 novembre 1963 le lacrime bagnarono a lungo il viso di Rosa. Il cielo, notando quella strana ragazza che singhiozzava davanti alla finestra, si rattristò e pianse con lei; non sapeva perché stesse piangendo, eppure assistendo al suo struggimento fece precipitare sulla terra tutte le emozioni represse. Nei mesi precedenti, infatti, non poté azzardare la minima ipotesi di temporale, dato che il sole aveva imperato a lungo sul mondo.
Pochi minuti prima che la pioggia cominciasse a cadere, Rosa si avvicinò piano alla finestra. I piedi, coperti solo dalle calze leggere, avvertirono il pavimento in tutta la sua freddezza, e le lacrime, cadendo, disegnarono aloni misteriosi sulla superficie rossastra e porosa delle piastrelle. Là, proprio vicino al letto, ve ne era una particolare: questa presentava un'impercettibile incrinatura che, di volta in volta, assumeva connotati assai mutevoli. In base alla prima immagine che sarebbe apparsa sulla piastrella non appena apriva gli occhi al mattino, Rosa decideva quale impronta dare alla sua giornata, poiché la piastrella le mostrava ciò di cui aveva più bisogno. Quel giorno però vide un simbolo che non riuscì proprio a decifrare. Lo guardò a lungo, ma non seppe dargli una forma concreta. Improvvisamente e senza alcun perché, scoppiò in un pianto irrefrenabile. Pianse e pianse, trovandosi presto ad annegare in una terribile malinconia. Nelle lacrime avvertì assenza e abbandono, sconforto e lontananza.
- Cosa mi manca? - domandò a se stessa, ma non seppe rispondere, poiché apparentemente possedeva tutto. Pianse ancora.
Il cielo, vedendola , mandò giù tutta l'acqua in suo possesso, e ne aveva proprio tanta, dato che l'aveva conservata per mesi, seppur forzatamente. Mentre le gocce si scagliavano sulla terra, un tuono potentissimo fece traballare il vetro della finestra; ne arrivarono due, poi tre, e la ragazza si allontanò intimorita andandosi a sedere nuovamente sul letto. Le coperte conservavano ancora il calore del suo corpo, tanto a lungo aveva indugiato in quella postazione.
Osservò ancora la piastrella con un vago sentore di amarezza nella gola. Pensandoci bene, il disegno le sembrava proprio una lacrima: in tal caso piangere avrebbe avuto un significato diverso. Eppure no, decisamente, non era una lacrima. Per lo meno questa effimera certezza bastò a interrompere il pianto di Rosa, tanto più che non aveva voglia di continuare oltre. Si guardò intorno, spaesata e straniera nella sua stessa casa.
Il cielo, non riuscendo più a scorgerla dalla finestra, si allarmò; pose fine alle lacrime e decise di intervenire nel suo solito modo un po' precipitoso, temendo che la ragazza, presa dalla disperazione, fosse intenzionata a compiere un gesto irreparabile. In un soffio, un vortice di foglie prese a vorticare davanti alla finestra della camera; non erano tantissime, eppure diedero vita a uno spettacolo atto a catturare l'attenzione di Rosa che, sollevando gli occhi dalla piastrella, si illuminò in un'intuizione fulminea.
- Ma certo! Come ho fatto a non pensarci? - trillò, cercando di infilarsi maldestramente le scarpe per correre fuori casa e compiere ciò che andava fatto.
Le foglie, roteando, davano vita a bellissime forme che si muovevano elegantemente nell'aria, in un tripudio di simboli da leggere e interpretare. Osservandone la danza, Rosa dimenticò tutte le sue lacrime piante senza un perché, e capì che doveva assolutamente unirsi a loro.
- Non era una lacrima, ma una foglia! - esclamò decisa, piroettando verso la danza delle foglie che ad ogni suo passo si scostava, allontanandosi, quasi volesse attirare la ragazza in un luogo ben preciso. Oltrepassati i confini del cortile, superata la lunga strada che conduceva fuori città, Rosa giunse danzando insieme alle foglie in un bellissimo bosco.
Laggiù, alberi altissimi coloravano gli occhi e il cuore senza dar modo alla volubilità umana di prendere il sopravvento. Immersa tra le foglie arrugginite e nel fruscio musicale prodotto dai rami che agitati dal vento si accarezzavano, incitandolo a soffiare, Rosa poteva solo danzare. Le foglie vorticanti del suo giardino invitarono le sorelle del bosco a unirsi a loro, così la danza cambiò ritmo e divenne sempre più concitata. Il fiato della ragazza si spezzò più volte, ancora e ancora; tuttavia non volle fermarsi, trovandosi coinvolta inaspettatamente in quella festa di elementi naturali.
- Vorrei continuare a danzare per l'eternità, se solo potessi! - Rosa urlò con tutto il fiato rimastole in petto e le parole, sospinte dal vento, si librarono alte nell'aria; giunte che furono oltre le chiome degli alberi, si spansero ovunque, fino al limitare del bosco. La ragazza, persa nell'estasi della danza, d'un tratto vide una figura femminile che avanzava imperturbabile nel vorticare delle foglie. Quando le fu vicino, protese la mano e afferrò saldamente quella di Rosa, traendola a sé.
- Lei chi è? Dove vuol portarmi? - domandò Rosa con un filo di voce. Non vi fu risposta, ma la presa della mano della donna si fece ancora più salda. In quella presa, la misteriosa donna condusse la giovane in un punto del bosco ove si trovava una via di alte betulle dalle rosse foglie; le piante, allineate, parevano vegliare sulla via, di modo che solo chi ne avesse il diritto potesse giungere al termine della stessa.
Con un gesto della mano la donna danzante mostrò a Rosa la via: "ecco," sembrò voler dire il gesto, "questa strada ti porterà nel luogo in cui la danza non ha fine."
Rosa cercò di scrutare tra le foglie, oltre il vortice, per scoprire il reale volto della donna, ma non vi riuscì. Guardò davanti a sé, indecisa sui passi da intraprendere. Accompagnandola con fare gentile, la donna si mosse per prima. Danzò tra le foglie e gioiosamente giocò insieme a loro, divenendo parte di esse, del bosco stesso.
- Com'è bella! - pensò Rosa, nonostante potesse scorgere soltanto pochi dettagli dell'aspetto della donna.
- Quanto mi piacerebbe starle sempre accanto, scordandomi di tutto!
A quel pensiero, la Signora danzante accelerò il passo e la fine della via delle rosse foglie si fece più vicina. A Rosa non importava più di nulla, voleva solo continuare a danzare senza esitazioni né ripensamenti, per l'eternità.
Quando le due ebbero danzato sino alla fine della via, approdarono a un'incantevole radura soffusa di nebbia e imperlata di brina, ove ogni cosa era del colore del sole che declina all'orizzonte.
Il vento cessò, ma non la danza. Le mille foglie dapprima parvero rimanere sospese nell'aria per qualche istante, perfettamente immobili, quasi fossero attaccate a dei rami non visibili all'occhio; poi ripresero a fluttuare gentili, raggiungendo il suolo.
I piedi di rosa si fermarono, eppure in cuor suo la ragazza continuava a danzare, tanta fu la gioia che provò in quei momenti.
Vide la donna, finalmente, e il sole tornò a risplendere nella sua vita, e nella radura, dalla quale Rosa non fece più ritorno."
La sciarpa è impreziosita da una donna danzante "ArJànas" in lana tessuta a mano, che rappresenta proprio la signora del bosco che avete conosciuto grazie al racconto.

Sciarpa creata da ArJànas color ruggine fatta a mano

Arriverà a casa tua insieme alla sua storia, scritta a mano su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile).
 Potete trovare la sciarpa nel mio negozio Etsy, cliccando sul link sottostante:


A presto!

mercoledì 6 novembre 2013

"Altea e l'olivastro" - una collana di fili di luce tra le fronde

"In una bella giornata di sole, ancor più splendente, dopo la pioggia durata diversi giorni, la maestra della classe 5A decise di organizzare una gita improvvisata all'aria aperta.
- Sarebbe davvero un peccato rimanere chiusi in classe, quando un sole così bello galleggia nel cielo! - disse radunando uno per uno i suoi alunni - andremo a visitare un posto speciale non lontano da qui. Avete mai sentito parlare delle Domus de Janas, le case delle fate? Quando arriveremo vi racconterò la loro storia!
L'allegra scolaresca si diresse verso le colline che distavano diverse centinaia di metri dalla scuola elementare. In breve tempo i bambini si ritrovarono immersi nella natura senza che nemmeno se ne accorgessero, tanto graduale fu il passaggio. Dopo aver lasciato l'edificio imboccarono una strada che scivolava verso il basso poi, sulla sinistra, svoltarono in un viottolo che si interrompeva dopo qualche metro e proseguiva con un ponte, posto all' attraversamento di un piccolo fiume.
Ogni rumore della cittadina, seppur non eccessivo, nell'attraversare il ponte si diradò ulteriormente per dar spazio a quei suoni che solitamente facevano da sottofondo ai clacson, al rombo dei motori delle automobili e al vociare prodotto dalle troppe televisioni accese. Lì, sul ponte, tutto ciò si allontanò: i cardellini dettero il LA, come prima cosa; poi venne il turno delle api, dei bombi e dei calabroni, che con il loro ronzio colorirono i virtuosismi canori dei variopinti amici pennuti; al coro si unirono ben presto i passerotti che, dopo una certa titubanza, presero a cinguettare mentre facevano dei bei bagni nelle pozze d'acqua in riva al fiume. Le farfalle, pur non dandosi vanto di poter sfoggiare chissà quale voce, una giravolta dopo l'altra allietarono gli occhi grazie alle loro impeccabili coreografie.
Tra i bambini, tutti allegri e giocosi, solo una si accorse in tempo reale del cambiamento che stava avvenendo. Altea - questo era il nome della graziosa e attenta bambina - prestò attenzione a ogni dettaglio che le si presentava agli occhi e alle orecchie.
- Che bello! - pensò - staremo forse andando a scoprire un nuovo mondo?
Non le era mai capitato prima di attraversare quel piccolo ponte, non ne conosceva nemmeno l'esistenza, tanto meno sapeva cosa vi fosse oltre. Per questo si soffermava a lungo su ciò che vedeva e sentiva, interrompendo spesso la marcia e rimanendo distaccata dal gruppo.
- Altea! - la richiamò svariate volte la maestra - sta' attenta a non rimanere indietro, non devi perderti!
La bimba, udendo la voce familiare, subito si destava, trotterellando dietro i suoi compagni di classe.
- Quanto verde! - Pensò, mentre per ultima si infilava in una strada stretta stretta, che costeggiava alcune case costruite chissà quanto tempo prima.
A dividere due tra le antiche dimore vi era un orticello ben curato, che pareva esser stato studiato appositamente per incantare gli occhi. Le file di ortaggi si alternavano con regolarità, colore dopo colore. Altea li contò: erano quindici in totale, ma non avrebbe saputo dire di quali ortaggi si trattasse, dato che nessun adulto si era mai preso la briga di illustrarle le varietà orticole.
Cammina cammina, il gruppetto si inerpicò su una ripida stradina e quando tutti giunsero alla sua sommità si accorsero di trovarsi ai piedi del monte cui erano diretti. Lì, scoprirono di dover camminare ancora un poco, dato che il luogo speciale si trovava proprio sul monte. Ogni bambino sbuffò, giacché non aveva intenzione di faticare ancora. Tutti meno una: Altea. La bimba si era attardata ad abbracciare un agnellino che, vedendola, si era allontanato dalla sua mamma e le era corso incontro. Era talmente felice da dimenticare perfino di far parte di una scolaresca, perciò inizialmente non si preoccupò di seguire gli altri, ma quando si rese conto di essere sola si agitò un poco, affrettandosi a raggiungere i compagni.
Dopo aver camminato per qualche minuto si accorse di non riuscire a scorgere più nessuno, né riuscì a udire voci che le risultassero familiari. Era sola, in compagnia di un angolo di natura a lei sconosciuto. A questo pensiero le venne una bella paura, eppure in cuor suo qualcosa le diceva di stare tranquilla, perché non sarebbe accaduto niente di brutto. Altea ascoltò quella voce gentile e si rasserenò.
- Dato che son qui da sola, tanto vale che mi dia da fare per scoprire qualcosa di interessante! - disse tra sé. E così fu.
Prese a gironzolare nei dintorni tenendo sempre a mente di non smarrire la strada, fino a trovarsi di fronte ad un albero davvero maestoso. Era grande come una casa, forse ancor di più, con le folte fronde che si allungavano in tutte le direzioni: a sinistra, a destra, poi in alto, verso il cielo, e ancora giù, fino alla terra.
La piccola Altea lo ammirò per bene e corse ad infilarsi tra le sue fronde. Era proprio una casa! Tra gli alti rami gli uccellini avevano costruito sapientemente il loro nido, sulla corteccia rugosa le formiche procedevano in file, tutte prese da inderogabili mansioni. Brillanti ragnatele erano stese al sole, e intanto i ragni parlottavano del pranzo così difficile da catturare.
Era un mondo ancora diverso da quello del ponte, Altea lo capì chiaramente.
- Chissà se anche i miei compagni si saranno fermati qui sotto, - pensò - oppure saranno andati dritti verso la cima?
A quel pensiero, un altro le attraversò la mente in modo del tutto naturale, come se, entrando dentro la sua mente, il primo avesse tenuto la porta aperta per il secondo.
- Quante persone avranno riposato all'ombra di questi rami? - pensò, e istintivamente posò la manina sul tronco, saggiandone la superficie. Emanava calore, sembrava volerla chiamare a sé per un abbraccio.
- Le mie braccia sono troppo corte, non riescono a chiudersi intorno a te. Se così non fosse, ti abbraccerei più che volentieri! - esclamò con un tono sinceramente dispiaciuto. Poi, dopo aver riflettuto sul problema, aggiunse:
- ecco, così potrò abbracciarti!
Prese a girare attorno all'anziana pianta, sfiorandole il tronco con la manina, senza staccarla mai.
Dopo aver girato e girato a lungo, poiché le sembrò che la pianta non fosse mai sazia dei suoi abbracci, le venne un gran sonno.
- Aspetterò il ritorno della maestra e dei miei compagni all'ombra dei tuoi rami, - disse alla pianta che, mossa dal vento, curvò impercettibilmente la chioma. Per Altea quello fu un chiaro segno di assenso, quindi, dopo aver scelto tra tutte la nicchia che abbracciava meglio il suo corpicino - posta proprio tra le radici e il tronco - vi si adagiò e cadde subito in un sonno tranquillo.
Una dolce musica prese a suonare: sembrava provenire da un luogo molto lontano e Altea la sentiva avvicinarsi, lentamente. Rimase in ascolto per qualche istante, la musica le sembrò ancor più vicina di prima, finché si accorse che proveniva proprio dalla pianta.
C'era una cavità, vicino al terreno, che stranamente la bambina non aveva notato. Eppure era tanto curiosa e attenta, come aveva potuto passare del tutto inosservata?
Si avvicinò alla cavità, che dava l'impressione di essere davvero profonda, tanto era il buio che vi regnava. Altea, dapprima timorosa, prese improvvisamente coraggio grazie alla sua innata curiosità, e vi introdusse la testa.
- È proprio della misura giusta! - pensò, - sembra fatta apposta per me!
Quando fu dentro la cavità buia, la musica si levò cristallina e Altea riuscì a distinguere perfino le parole della canzone, che così faceva:

"Danzano, danzano, danzano le fate
sole nel buio, vi prego, non entrate!
Quando saprete che la porta è quaggiù
andar via non potrete, mai più!"

La bambina non si capacitava di quello che i suoi occhi stavano vedendo. Scorse una figura, immersa nell'oscurità, che si intravedeva appena. Una piccola donna danzava e rideva, come se accanto a lei ci fosse qualcuno, eppure era sola. Altea guardò meglio: la donna stava filando con il suo fuso che, sorretto da un filo tanto sottile da sembrare invisibile, dava l'impressione di danzare nell'aria. La donna lo faceva roteare, poi improvvisamente ne bloccava il moto e dopo un istante il fuso girava ancora mille volte in un sol gesto, mosso dalle sue abili mani.
Parve non curarsi di Altea e al contempo la studiò attentamente, invitandola ad unirsi nella danza, senza proferire verbo. La bambina non si mosse, non respirò nemmeno, ma sapeva che questo non sarebbe bastato a sottrarla dallo sguardo della piccola creatura.
Improvvisamente, la donna danzante si illuminò tutta, mostrando chiaramente i tratti del suo aspetto. Era bella, ma non come potrebbe definirsi tale una persona in carne ed ossa; la sua era una bellezza che faceva anche un po' paura.
- Cosa vai cercando? - Domandò, girandosi di scatto verso la bambina che, sorretta da una gran dose di coraggio raccolta chissà dove, decise di non farsi intimidire.
- Cercavo il luogo da cui nasce la musica.
- E dunque, l'hai trovato?
- Credo di sì.
- Credi?
Prima di rispondere Altea scelse attentamente le parole.
- Io credo, signora, di aver trovato proprio la musica. Siete voi la musica, non è così?
La creatura si accese ancor più di luce.
- Dimmi bambina cara, vorresti star qui con me?
Altea ci pensò su, valutando il significato della canzone che aveva udito poco tempo prima.
- Non devo! - Asserì con sicurezza. in un istante, ancor prima che pronunciasse le parole, venne trasportata lontano dalla musica e dalle danze. Il mondo della veglia la accolse: era tornata indietro, senza sapere come.
- Era solo un sogno! - Disse in tono sconsolato. Le venne una gran voglia di piangere, poiché avrebbe voluto parlare con la minuta signora ancora per un po'. Quante domande curiose le avrebbe posto!
Il sole stava procedendo verso l'orizzonte e le voci dei suoi compagni di classe che tornavano dalla gita si spandevano nell'aria. Altea aveva dormito per ore, eppure le sembrava fossero trascorsi soltanto pochi minuti. Durante la gita nessuno pareva essersi accorto della sua assenza.
La bimba sbirciò di nascosto la marcia dei suoi compagni di classe, grazie al favore delle folte fronde. Non appena avessero superato l'albero, fingendo indifferenza si sarebbe unita al gruppo. Con estremo stupore, vide che una bambina identica a lei già si trovava insieme agli altri, nascondendo l'assenza di Altea durante la gita. Ecco perché nessuno era tornato indietro a cercarla! Mentre provava a capire come avesse potuto verificarsi un fatto simile, decidendo anche cosa fosse conveniente fare, con la coda dell'occhio scorse un bagliore. Si voltò e notò la stessa cavità che aveva visto in sogno.
- Ma come è possibile? - esclamò - sono sicurissima che prima non c'era!
Una minuscola luce danzava nel buio, roteando e saltellando giocosamente. Senza alcuna paura, Altea protese la mano per toccarla e la luce si fermò, posandovisi dolcemente. La bimba si portò la manina davanti al naso e quando la aprì, un dito dopo l'altro, trovò al suo interno un dono della donna danzante. Era una bella collana, alla quale era appeso un ciondolo che somigliava molto alla donnina e il sottile filo di cui era fatta era lo stesso che Altea aveva intravisto durante la danza.
Guardò di nuovo in direzione dei suoi compagni che filavano via e notò l'assenza della bambina che le somigliava: era l'occasione perfetta per tornare al mondo reale.
Gli anni trascorsero e Altea tornò tante volte a far visita all'albero dove viveva la piccola donna, portando sempre al collo il gioiello, ma non accettò mai il suo invito a danzare.
Un giorno, divenuta mamma, volle far conoscere quel luogo speciale anche a sua figlia, e la portò con sé.
- Guarda piccola mia, - disse alla sua adorata bambina - in questo grande albero, che si chiama olivastro, vive una bellissima fata!
- Quale albero? - rispose la figlia - io non vedo niente.
Altea impallidì. In tanti anni non aveva capito che l'albero, in realtà, era lì solo per lei.
Da quel giorno non lo vide mai più."

collane in seta tessute a mano 


Vi è piaciuto questo racconto?
Sapete, l'olivastro secolare che lo ha ispirato esiste realmente. Lo incontrai per la prima volta tanti anni fa, proprio durante una gita scolastica, e lasciai un pezzetto di cuore tra i suoi rami.
Ve lo presento... :)

abbraccio albero

Per fortuna, diversamente da ciò che succede ad Altea, il "mio" albero non è scomparso :)
Tante volte mi sono seduta vicino alle radici di questo essere antico a osservare il mondo che ospita. Non solo con gli occhi, ma con il cuore, respirando al ritmo delle sue fronde agitate dal vento. Ho udito il frusciare delle foglie che mutano in mille colori, a seconda della luce che le illumina, come gioielli preziosi da onorare.

Animata da questi sentimenti ho creato la collana "Altea e l'olivastro".

collane in seta tessute a mano con lavorazione ad uncinetto

È stata realizzata all'uncinetto in seta ahimsa; questa seta è detta anche "seta vegetariana" perché ricavata dai bozzoli dei bachi selvatici, dopo la fuoriuscita della farfalla. La crisalide non viene uccisa per ricavare il filato, come tradizionalmente accade con gli altri tipi di seta. Così si fila che è un piacere, anche per le amiche farfalle.
  
Voglio mostrarvela proprio da vicino, in modo che capiate quanto è delicata la tessitura che decora il pancino della donna danzante ArJànas.

particolare della collana ArJànas in seta filata e tessuta a mano

Pensate: la pietra è lunga 2cm e i fili da me filati e tessuti misurano soltanto 0,25mm in torsione a due capi. Il singolo filo, prima di essere ritorto, era spesso all'incirca come un capello!
Arriverà a casa tua insieme alla sua storia stampata su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile), racchiusa in un piccolo libro rilegato a mano.
Capite perché le creazioni ArJànas sono speciali? 
Troverete la collana "Altea e l'olivastro" nel mio negozio Etsy, cliccando sul link sottostante:


Per questa mia creazione ho utilizzato più immagini e parole perché sono convinta che alcune cose, in particolare, vadano raccontate senza fretta, così da permettere a chi legge o ascolta di scoprire la magia che esse racchiudono...
Al prossimo intreccio! :)