"In una bella giornata di sole, ancor più splendente,
dopo la pioggia durata diversi giorni, la maestra della classe 5A
decise di organizzare una gita improvvisata all'aria aperta.
-
Sarebbe davvero un peccato rimanere chiusi in classe, quando un sole
così bello galleggia nel cielo! - disse radunando uno per uno i suoi
alunni - andremo a visitare un posto speciale non lontano da qui. Avete
mai sentito parlare delle Domus de Janas, le case delle fate? Quando
arriveremo vi racconterò la loro storia!
L'allegra scolaresca si
diresse verso le colline che distavano diverse centinaia di metri dalla
scuola elementare. In breve tempo i bambini si ritrovarono immersi nella
natura senza che nemmeno se ne accorgessero, tanto graduale fu il
passaggio. Dopo aver lasciato l'edificio imboccarono una strada che
scivolava verso il basso poi, sulla sinistra, svoltarono in un viottolo
che si interrompeva dopo qualche metro e proseguiva con un ponte, posto
all' attraversamento di un piccolo fiume.
Ogni rumore della
cittadina, seppur non eccessivo, nell'attraversare il ponte si diradò
ulteriormente per dar spazio a quei suoni che solitamente facevano da
sottofondo ai clacson, al rombo dei motori delle automobili e al vociare
prodotto dalle troppe televisioni accese. Lì, sul ponte, tutto ciò si
allontanò: i cardellini dettero il LA, come prima cosa; poi venne il
turno delle api, dei bombi e dei calabroni, che con il loro ronzio
colorirono i virtuosismi canori dei variopinti amici pennuti; al coro si
unirono ben presto i passerotti che, dopo una certa titubanza, presero a
cinguettare mentre facevano dei bei bagni nelle pozze d'acqua in riva
al fiume. Le farfalle, pur non dandosi vanto di poter sfoggiare chissà
quale voce, una giravolta dopo l'altra allietarono gli occhi grazie alle
loro impeccabili coreografie.
Tra i bambini, tutti allegri e
giocosi, solo una si accorse in tempo reale del cambiamento che stava
avvenendo. Altea - questo era il nome della graziosa e attenta bambina -
prestò attenzione a ogni dettaglio che le si presentava agli occhi e
alle orecchie.
- Che bello! - pensò - staremo forse andando a scoprire un nuovo mondo?
Non
le era mai capitato prima di attraversare quel piccolo ponte, non ne
conosceva nemmeno l'esistenza, tanto meno sapeva cosa vi fosse oltre.
Per questo si soffermava a lungo su ciò che vedeva e sentiva,
interrompendo spesso la marcia e rimanendo distaccata dal gruppo.
- Altea! - la richiamò svariate volte la maestra - sta' attenta a non rimanere indietro, non devi perderti!
La bimba, udendo la voce familiare, subito si destava, trotterellando dietro i suoi compagni di classe.
-
Quanto verde! - Pensò, mentre per ultima si infilava in una strada
stretta stretta, che costeggiava alcune case costruite chissà quanto
tempo prima.
A dividere due tra le antiche dimore vi era un orticello
ben curato, che pareva esser stato studiato appositamente per incantare
gli occhi. Le file di ortaggi si alternavano con regolarità, colore
dopo colore. Altea li contò: erano quindici in totale, ma non avrebbe
saputo dire di quali ortaggi si trattasse, dato che nessun adulto si era
mai preso la briga di illustrarle le varietà orticole.
Cammina
cammina, il gruppetto si inerpicò su una ripida stradina e quando tutti
giunsero alla sua sommità si accorsero di trovarsi ai piedi del monte
cui erano diretti. Lì, scoprirono di dover camminare ancora un poco,
dato che il luogo speciale si trovava proprio sul monte. Ogni bambino
sbuffò, giacché non aveva intenzione di faticare ancora. Tutti meno una:
Altea. La bimba si era attardata ad abbracciare un agnellino che,
vedendola, si era allontanato dalla sua mamma e le era corso incontro.
Era talmente felice da dimenticare perfino di far parte di una
scolaresca, perciò inizialmente non si preoccupò di seguire gli altri,
ma quando si rese conto di essere sola si agitò un poco, affrettandosi a
raggiungere i compagni.
Dopo aver camminato per qualche minuto si
accorse di non riuscire a scorgere più nessuno, né riuscì a udire voci
che le risultassero familiari. Era sola, in compagnia di un angolo di
natura a lei sconosciuto. A questo pensiero le venne una bella paura,
eppure in cuor suo qualcosa le diceva di stare tranquilla, perché non
sarebbe accaduto niente di brutto. Altea ascoltò quella voce gentile e
si rasserenò.
- Dato che son qui da sola, tanto vale che mi dia da fare per scoprire qualcosa di interessante! - disse tra sé. E così fu.
Prese
a gironzolare nei dintorni tenendo sempre a mente di non smarrire la
strada, fino a trovarsi di fronte ad un albero davvero maestoso. Era
grande come una casa, forse ancor di più, con le folte fronde che si
allungavano in tutte le direzioni: a sinistra, a destra, poi in alto,
verso il cielo, e ancora giù, fino alla terra.
La piccola Altea lo
ammirò per bene e corse ad infilarsi tra le sue fronde. Era proprio una
casa! Tra gli alti rami gli uccellini avevano costruito sapientemente il
loro nido, sulla corteccia rugosa le formiche procedevano in file,
tutte prese da inderogabili mansioni. Brillanti ragnatele erano stese al
sole, e intanto i ragni parlottavano del pranzo così difficile da
catturare.
Era un mondo ancora diverso da quello del ponte, Altea lo capì chiaramente.
- Chissà se anche i miei compagni si saranno fermati qui sotto, - pensò - oppure saranno andati dritti verso la cima?
A
quel pensiero, un altro le attraversò la mente in modo del tutto
naturale, come se, entrando dentro la sua mente, il primo avesse tenuto
la porta aperta per il secondo.
- Quante persone avranno riposato
all'ombra di questi rami? - pensò, e istintivamente posò la manina sul
tronco, saggiandone la superficie. Emanava calore, sembrava volerla
chiamare a sé per un abbraccio.
- Le mie braccia sono troppo corte,
non riescono a chiudersi intorno a te. Se così non fosse, ti abbraccerei
più che volentieri! - esclamò con un tono sinceramente dispiaciuto.
Poi, dopo aver riflettuto sul problema, aggiunse:
- ecco, così potrò abbracciarti!
Prese a girare attorno all'anziana pianta, sfiorandole il tronco con la manina, senza staccarla mai.
Dopo
aver girato e girato a lungo, poiché le sembrò che la pianta non fosse
mai sazia dei suoi abbracci, le venne un gran sonno.
- Aspetterò il
ritorno della maestra e dei miei compagni all'ombra dei tuoi rami, -
disse alla pianta che, mossa dal vento, curvò impercettibilmente la
chioma. Per Altea quello fu un chiaro segno di assenso, quindi, dopo
aver scelto tra tutte la nicchia che abbracciava meglio il suo corpicino
- posta proprio tra le radici e il tronco - vi si adagiò e cadde subito
in un sonno tranquillo.
Una dolce musica prese a suonare: sembrava
provenire da un luogo molto lontano e Altea la sentiva avvicinarsi,
lentamente. Rimase in ascolto per qualche istante, la musica le sembrò
ancor più vicina di prima, finché si accorse che proveniva proprio dalla
pianta.
C'era una cavità, vicino al terreno, che stranamente la
bambina non aveva notato. Eppure era tanto curiosa e attenta, come aveva
potuto passare del tutto inosservata?
Si avvicinò alla cavità, che
dava l'impressione di essere davvero profonda, tanto era il buio che vi
regnava. Altea, dapprima timorosa, prese improvvisamente coraggio grazie
alla sua innata curiosità, e vi introdusse la testa.
- È proprio della misura giusta! - pensò, - sembra fatta apposta per me!
Quando
fu dentro la cavità buia, la musica si levò cristallina e Altea riuscì a
distinguere perfino le parole della canzone, che così faceva:
"Danzano, danzano, danzano le fate
sole nel buio, vi prego, non entrate!
Quando saprete che la porta è quaggiù
andar via non potrete, mai più!"
La
bambina non si capacitava di quello che i suoi occhi stavano vedendo.
Scorse una figura, immersa nell'oscurità, che si intravedeva appena. Una
piccola donna danzava e rideva, come se accanto a lei ci fosse
qualcuno, eppure era sola. Altea guardò meglio: la donna stava filando
con il suo fuso che, sorretto da un filo tanto sottile da sembrare
invisibile, dava l'impressione di danzare nell'aria. La donna lo faceva
roteare, poi improvvisamente ne bloccava il moto e dopo un istante il
fuso girava ancora mille volte in un sol gesto, mosso dalle sue abili
mani.
Parve non curarsi di Altea e al contempo la studiò
attentamente, invitandola ad unirsi nella danza, senza proferire verbo.
La bambina non si mosse, non respirò nemmeno, ma sapeva che questo non
sarebbe bastato a sottrarla dallo sguardo della piccola creatura.
Improvvisamente,
la donna danzante si illuminò tutta, mostrando chiaramente i tratti del
suo aspetto. Era bella, ma non come potrebbe definirsi tale una persona
in carne ed ossa; la sua era una bellezza che faceva anche un po'
paura.
- Cosa vai cercando? - Domandò, girandosi di scatto verso la
bambina che, sorretta da una gran dose di coraggio raccolta chissà dove,
decise di non farsi intimidire.
- Cercavo il luogo da cui nasce la musica.
- E dunque, l'hai trovato?
- Credo di sì.
- Credi?
Prima di rispondere Altea scelse attentamente le parole.
- Io credo, signora, di aver trovato proprio la musica. Siete voi la musica, non è così?
La creatura si accese ancor più di luce.
- Dimmi bambina cara, vorresti star qui con me?
Altea ci pensò su, valutando il significato della canzone che aveva udito poco tempo prima.
-
Non devo! - Asserì con sicurezza. in un istante, ancor prima che
pronunciasse le parole, venne trasportata lontano dalla musica e dalle
danze. Il mondo della veglia la accolse: era tornata indietro, senza
sapere come.
- Era solo un sogno! - Disse in tono sconsolato. Le
venne una gran voglia di piangere, poiché avrebbe voluto parlare con la
minuta signora ancora per un po'. Quante domande curiose le avrebbe
posto!
Il sole stava procedendo verso l'orizzonte e le voci dei suoi
compagni di classe che tornavano dalla gita si spandevano nell'aria.
Altea aveva dormito per ore, eppure le sembrava fossero trascorsi
soltanto pochi minuti. Durante la gita nessuno pareva essersi accorto
della sua assenza.
La bimba sbirciò di nascosto la marcia dei suoi
compagni di classe, grazie al favore delle folte fronde. Non appena
avessero superato l'albero, fingendo indifferenza si sarebbe unita al
gruppo. Con estremo stupore, vide che una bambina identica a lei già si
trovava insieme agli altri, nascondendo l'assenza di Altea durante la
gita. Ecco perché nessuno era tornato indietro a cercarla! Mentre
provava a capire come avesse potuto verificarsi un fatto simile,
decidendo anche cosa fosse conveniente fare, con la coda dell'occhio
scorse un bagliore. Si voltò e notò la stessa cavità che aveva visto in
sogno.
- Ma come è possibile? - esclamò - sono sicurissima che prima non c'era!
Una
minuscola luce danzava nel buio, roteando e saltellando giocosamente.
Senza alcuna paura, Altea protese la mano per toccarla e la luce si
fermò, posandovisi dolcemente. La bimba si portò la manina davanti al
naso e quando la aprì, un dito dopo l'altro, trovò al suo interno un
dono della donna danzante. Era una bella collana, alla quale era appeso
un ciondolo che somigliava molto alla donnina e il sottile filo di cui
era fatta era lo stesso che Altea aveva intravisto durante la danza.
Guardò di nuovo in direzione dei suoi compagni che filavano via e notò
l'assenza della bambina che le somigliava: era l'occasione perfetta per
tornare al mondo reale.
Gli anni trascorsero e Altea tornò tante
volte a far visita all'albero dove viveva la piccola donna, portando
sempre al collo il gioiello, ma non accettò mai il suo invito a danzare.
Un giorno, divenuta mamma, volle far conoscere quel luogo speciale anche a sua figlia, e la portò con sé.
-
Guarda piccola mia, - disse alla sua adorata bambina - in questo grande
albero, che si chiama olivastro, vive una bellissima fata!
- Quale albero? - rispose la figlia - io non vedo niente.
Altea impallidì. In tanti anni non aveva capito che l'albero, in realtà, era lì solo per lei.
Da quel giorno non lo vide mai più."
Vi è piaciuto questo racconto?
Sapete, l'olivastro secolare che lo ha ispirato esiste realmente. Lo incontrai per la prima volta tanti anni fa, proprio durante una gita scolastica, e lasciai un pezzetto di cuore tra i suoi rami.
Ve lo presento... :)
Per fortuna, diversamente da ciò che succede ad Altea, il "mio" albero non è scomparso :)
Tante volte mi sono seduta vicino alle radici di questo essere antico a osservare il mondo che ospita. Non solo con gli occhi, ma con il cuore, respirando al ritmo delle sue fronde agitate dal vento. Ho udito il frusciare delle foglie che mutano in mille colori, a seconda della luce che le illumina, come gioielli preziosi da onorare.
Animata da questi sentimenti ho creato la collana "Altea e l'olivastro".
È stata realizzata all'uncinetto in seta ahimsa; questa seta è detta anche "seta vegetariana" perché ricavata dai bozzoli dei bachi selvatici, dopo la fuoriuscita della farfalla. La crisalide non viene uccisa per ricavare il filato, come tradizionalmente accade con gli altri tipi di seta. Così si fila che è un piacere, anche per le amiche farfalle.
Voglio mostrarvela proprio da vicino, in modo
che capiate quanto è delicata la tessitura che decora il pancino della
donna danzante ArJànas.
Pensate: la pietra è lunga 2cm e i fili da
me filati e tessuti misurano soltanto 0,25mm in torsione a due capi. Il
singolo filo, prima di essere ritorto, era spesso all'incirca come un
capello!
Arriverà a casa tua insieme alla sua storia stampata su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile), racchiusa in un piccolo libro rilegato a mano.
Capite perché le creazioni ArJànas sono speciali?
Troverete la collana "Altea e l'olivastro" nel mio negozio Etsy, cliccando sul link sottostante:Arriverà a casa tua insieme alla sua storia stampata su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile), racchiusa in un piccolo libro rilegato a mano.
Capite perché le creazioni ArJànas sono speciali?
Per questa mia creazione ho utilizzato più immagini e parole perché sono convinta che alcune cose, in particolare, vadano raccontate senza fretta, così da permettere a chi legge o ascolta di scoprire la magia che esse racchiudono...
Al prossimo intreccio! :)
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