sabato 9 novembre 2013

"La via delle rosse foglie" - una sciarpa per danzare

Creare questa calda sciarpa lavorata ai ferri e all'uncinetto è stata un'esperienza magica. L'ho realizzata in un filato color ruggine con degli spruzzi d'oro, proprio perché, indossandola, desse l'idea di una romantica via autunnale ricoperta dalle foglie di quei colori.
Un punto tira l'altro, nel vedere le foglie formarsi la mia fantasia ha danzato dando vita alla storia de "La via delle rosse foglie", spero vi faccia sognare come ha fatto con me!

"Nel pomeriggio del 4 novembre 1963 le lacrime bagnarono a lungo il viso di Rosa. Il cielo, notando quella strana ragazza che singhiozzava davanti alla finestra, si rattristò e pianse con lei; non sapeva perché stesse piangendo, eppure assistendo al suo struggimento fece precipitare sulla terra tutte le emozioni represse. Nei mesi precedenti, infatti, non poté azzardare la minima ipotesi di temporale, dato che il sole aveva imperato a lungo sul mondo.
Pochi minuti prima che la pioggia cominciasse a cadere, Rosa si avvicinò piano alla finestra. I piedi, coperti solo dalle calze leggere, avvertirono il pavimento in tutta la sua freddezza, e le lacrime, cadendo, disegnarono aloni misteriosi sulla superficie rossastra e porosa delle piastrelle. Là, proprio vicino al letto, ve ne era una particolare: questa presentava un'impercettibile incrinatura che, di volta in volta, assumeva connotati assai mutevoli. In base alla prima immagine che sarebbe apparsa sulla piastrella non appena apriva gli occhi al mattino, Rosa decideva quale impronta dare alla sua giornata, poiché la piastrella le mostrava ciò di cui aveva più bisogno. Quel giorno però vide un simbolo che non riuscì proprio a decifrare. Lo guardò a lungo, ma non seppe dargli una forma concreta. Improvvisamente e senza alcun perché, scoppiò in un pianto irrefrenabile. Pianse e pianse, trovandosi presto ad annegare in una terribile malinconia. Nelle lacrime avvertì assenza e abbandono, sconforto e lontananza.
- Cosa mi manca? - domandò a se stessa, ma non seppe rispondere, poiché apparentemente possedeva tutto. Pianse ancora.
Il cielo, vedendola , mandò giù tutta l'acqua in suo possesso, e ne aveva proprio tanta, dato che l'aveva conservata per mesi, seppur forzatamente. Mentre le gocce si scagliavano sulla terra, un tuono potentissimo fece traballare il vetro della finestra; ne arrivarono due, poi tre, e la ragazza si allontanò intimorita andandosi a sedere nuovamente sul letto. Le coperte conservavano ancora il calore del suo corpo, tanto a lungo aveva indugiato in quella postazione.
Osservò ancora la piastrella con un vago sentore di amarezza nella gola. Pensandoci bene, il disegno le sembrava proprio una lacrima: in tal caso piangere avrebbe avuto un significato diverso. Eppure no, decisamente, non era una lacrima. Per lo meno questa effimera certezza bastò a interrompere il pianto di Rosa, tanto più che non aveva voglia di continuare oltre. Si guardò intorno, spaesata e straniera nella sua stessa casa.
Il cielo, non riuscendo più a scorgerla dalla finestra, si allarmò; pose fine alle lacrime e decise di intervenire nel suo solito modo un po' precipitoso, temendo che la ragazza, presa dalla disperazione, fosse intenzionata a compiere un gesto irreparabile. In un soffio, un vortice di foglie prese a vorticare davanti alla finestra della camera; non erano tantissime, eppure diedero vita a uno spettacolo atto a catturare l'attenzione di Rosa che, sollevando gli occhi dalla piastrella, si illuminò in un'intuizione fulminea.
- Ma certo! Come ho fatto a non pensarci? - trillò, cercando di infilarsi maldestramente le scarpe per correre fuori casa e compiere ciò che andava fatto.
Le foglie, roteando, davano vita a bellissime forme che si muovevano elegantemente nell'aria, in un tripudio di simboli da leggere e interpretare. Osservandone la danza, Rosa dimenticò tutte le sue lacrime piante senza un perché, e capì che doveva assolutamente unirsi a loro.
- Non era una lacrima, ma una foglia! - esclamò decisa, piroettando verso la danza delle foglie che ad ogni suo passo si scostava, allontanandosi, quasi volesse attirare la ragazza in un luogo ben preciso. Oltrepassati i confini del cortile, superata la lunga strada che conduceva fuori città, Rosa giunse danzando insieme alle foglie in un bellissimo bosco.
Laggiù, alberi altissimi coloravano gli occhi e il cuore senza dar modo alla volubilità umana di prendere il sopravvento. Immersa tra le foglie arrugginite e nel fruscio musicale prodotto dai rami che agitati dal vento si accarezzavano, incitandolo a soffiare, Rosa poteva solo danzare. Le foglie vorticanti del suo giardino invitarono le sorelle del bosco a unirsi a loro, così la danza cambiò ritmo e divenne sempre più concitata. Il fiato della ragazza si spezzò più volte, ancora e ancora; tuttavia non volle fermarsi, trovandosi coinvolta inaspettatamente in quella festa di elementi naturali.
- Vorrei continuare a danzare per l'eternità, se solo potessi! - Rosa urlò con tutto il fiato rimastole in petto e le parole, sospinte dal vento, si librarono alte nell'aria; giunte che furono oltre le chiome degli alberi, si spansero ovunque, fino al limitare del bosco. La ragazza, persa nell'estasi della danza, d'un tratto vide una figura femminile che avanzava imperturbabile nel vorticare delle foglie. Quando le fu vicino, protese la mano e afferrò saldamente quella di Rosa, traendola a sé.
- Lei chi è? Dove vuol portarmi? - domandò Rosa con un filo di voce. Non vi fu risposta, ma la presa della mano della donna si fece ancora più salda. In quella presa, la misteriosa donna condusse la giovane in un punto del bosco ove si trovava una via di alte betulle dalle rosse foglie; le piante, allineate, parevano vegliare sulla via, di modo che solo chi ne avesse il diritto potesse giungere al termine della stessa.
Con un gesto della mano la donna danzante mostrò a Rosa la via: "ecco," sembrò voler dire il gesto, "questa strada ti porterà nel luogo in cui la danza non ha fine."
Rosa cercò di scrutare tra le foglie, oltre il vortice, per scoprire il reale volto della donna, ma non vi riuscì. Guardò davanti a sé, indecisa sui passi da intraprendere. Accompagnandola con fare gentile, la donna si mosse per prima. Danzò tra le foglie e gioiosamente giocò insieme a loro, divenendo parte di esse, del bosco stesso.
- Com'è bella! - pensò Rosa, nonostante potesse scorgere soltanto pochi dettagli dell'aspetto della donna.
- Quanto mi piacerebbe starle sempre accanto, scordandomi di tutto!
A quel pensiero, la Signora danzante accelerò il passo e la fine della via delle rosse foglie si fece più vicina. A Rosa non importava più di nulla, voleva solo continuare a danzare senza esitazioni né ripensamenti, per l'eternità.
Quando le due ebbero danzato sino alla fine della via, approdarono a un'incantevole radura soffusa di nebbia e imperlata di brina, ove ogni cosa era del colore del sole che declina all'orizzonte.
Il vento cessò, ma non la danza. Le mille foglie dapprima parvero rimanere sospese nell'aria per qualche istante, perfettamente immobili, quasi fossero attaccate a dei rami non visibili all'occhio; poi ripresero a fluttuare gentili, raggiungendo il suolo.
I piedi di rosa si fermarono, eppure in cuor suo la ragazza continuava a danzare, tanta fu la gioia che provò in quei momenti.
Vide la donna, finalmente, e il sole tornò a risplendere nella sua vita, e nella radura, dalla quale Rosa non fece più ritorno."
La sciarpa è impreziosita da una donna danzante "ArJànas" in lana tessuta a mano, che rappresenta proprio la signora del bosco che avete conosciuto grazie al racconto.

Sciarpa creata da ArJànas color ruggine fatta a mano

Arriverà a casa tua insieme alla sua storia, scritta a mano su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile).
 Potete trovare la sciarpa nel mio negozio Etsy, cliccando sul link sottostante:


A presto!

mercoledì 6 novembre 2013

"Altea e l'olivastro" - una collana di fili di luce tra le fronde

"In una bella giornata di sole, ancor più splendente, dopo la pioggia durata diversi giorni, la maestra della classe 5A decise di organizzare una gita improvvisata all'aria aperta.
- Sarebbe davvero un peccato rimanere chiusi in classe, quando un sole così bello galleggia nel cielo! - disse radunando uno per uno i suoi alunni - andremo a visitare un posto speciale non lontano da qui. Avete mai sentito parlare delle Domus de Janas, le case delle fate? Quando arriveremo vi racconterò la loro storia!
L'allegra scolaresca si diresse verso le colline che distavano diverse centinaia di metri dalla scuola elementare. In breve tempo i bambini si ritrovarono immersi nella natura senza che nemmeno se ne accorgessero, tanto graduale fu il passaggio. Dopo aver lasciato l'edificio imboccarono una strada che scivolava verso il basso poi, sulla sinistra, svoltarono in un viottolo che si interrompeva dopo qualche metro e proseguiva con un ponte, posto all' attraversamento di un piccolo fiume.
Ogni rumore della cittadina, seppur non eccessivo, nell'attraversare il ponte si diradò ulteriormente per dar spazio a quei suoni che solitamente facevano da sottofondo ai clacson, al rombo dei motori delle automobili e al vociare prodotto dalle troppe televisioni accese. Lì, sul ponte, tutto ciò si allontanò: i cardellini dettero il LA, come prima cosa; poi venne il turno delle api, dei bombi e dei calabroni, che con il loro ronzio colorirono i virtuosismi canori dei variopinti amici pennuti; al coro si unirono ben presto i passerotti che, dopo una certa titubanza, presero a cinguettare mentre facevano dei bei bagni nelle pozze d'acqua in riva al fiume. Le farfalle, pur non dandosi vanto di poter sfoggiare chissà quale voce, una giravolta dopo l'altra allietarono gli occhi grazie alle loro impeccabili coreografie.
Tra i bambini, tutti allegri e giocosi, solo una si accorse in tempo reale del cambiamento che stava avvenendo. Altea - questo era il nome della graziosa e attenta bambina - prestò attenzione a ogni dettaglio che le si presentava agli occhi e alle orecchie.
- Che bello! - pensò - staremo forse andando a scoprire un nuovo mondo?
Non le era mai capitato prima di attraversare quel piccolo ponte, non ne conosceva nemmeno l'esistenza, tanto meno sapeva cosa vi fosse oltre. Per questo si soffermava a lungo su ciò che vedeva e sentiva, interrompendo spesso la marcia e rimanendo distaccata dal gruppo.
- Altea! - la richiamò svariate volte la maestra - sta' attenta a non rimanere indietro, non devi perderti!
La bimba, udendo la voce familiare, subito si destava, trotterellando dietro i suoi compagni di classe.
- Quanto verde! - Pensò, mentre per ultima si infilava in una strada stretta stretta, che costeggiava alcune case costruite chissà quanto tempo prima.
A dividere due tra le antiche dimore vi era un orticello ben curato, che pareva esser stato studiato appositamente per incantare gli occhi. Le file di ortaggi si alternavano con regolarità, colore dopo colore. Altea li contò: erano quindici in totale, ma non avrebbe saputo dire di quali ortaggi si trattasse, dato che nessun adulto si era mai preso la briga di illustrarle le varietà orticole.
Cammina cammina, il gruppetto si inerpicò su una ripida stradina e quando tutti giunsero alla sua sommità si accorsero di trovarsi ai piedi del monte cui erano diretti. Lì, scoprirono di dover camminare ancora un poco, dato che il luogo speciale si trovava proprio sul monte. Ogni bambino sbuffò, giacché non aveva intenzione di faticare ancora. Tutti meno una: Altea. La bimba si era attardata ad abbracciare un agnellino che, vedendola, si era allontanato dalla sua mamma e le era corso incontro. Era talmente felice da dimenticare perfino di far parte di una scolaresca, perciò inizialmente non si preoccupò di seguire gli altri, ma quando si rese conto di essere sola si agitò un poco, affrettandosi a raggiungere i compagni.
Dopo aver camminato per qualche minuto si accorse di non riuscire a scorgere più nessuno, né riuscì a udire voci che le risultassero familiari. Era sola, in compagnia di un angolo di natura a lei sconosciuto. A questo pensiero le venne una bella paura, eppure in cuor suo qualcosa le diceva di stare tranquilla, perché non sarebbe accaduto niente di brutto. Altea ascoltò quella voce gentile e si rasserenò.
- Dato che son qui da sola, tanto vale che mi dia da fare per scoprire qualcosa di interessante! - disse tra sé. E così fu.
Prese a gironzolare nei dintorni tenendo sempre a mente di non smarrire la strada, fino a trovarsi di fronte ad un albero davvero maestoso. Era grande come una casa, forse ancor di più, con le folte fronde che si allungavano in tutte le direzioni: a sinistra, a destra, poi in alto, verso il cielo, e ancora giù, fino alla terra.
La piccola Altea lo ammirò per bene e corse ad infilarsi tra le sue fronde. Era proprio una casa! Tra gli alti rami gli uccellini avevano costruito sapientemente il loro nido, sulla corteccia rugosa le formiche procedevano in file, tutte prese da inderogabili mansioni. Brillanti ragnatele erano stese al sole, e intanto i ragni parlottavano del pranzo così difficile da catturare.
Era un mondo ancora diverso da quello del ponte, Altea lo capì chiaramente.
- Chissà se anche i miei compagni si saranno fermati qui sotto, - pensò - oppure saranno andati dritti verso la cima?
A quel pensiero, un altro le attraversò la mente in modo del tutto naturale, come se, entrando dentro la sua mente, il primo avesse tenuto la porta aperta per il secondo.
- Quante persone avranno riposato all'ombra di questi rami? - pensò, e istintivamente posò la manina sul tronco, saggiandone la superficie. Emanava calore, sembrava volerla chiamare a sé per un abbraccio.
- Le mie braccia sono troppo corte, non riescono a chiudersi intorno a te. Se così non fosse, ti abbraccerei più che volentieri! - esclamò con un tono sinceramente dispiaciuto. Poi, dopo aver riflettuto sul problema, aggiunse:
- ecco, così potrò abbracciarti!
Prese a girare attorno all'anziana pianta, sfiorandole il tronco con la manina, senza staccarla mai.
Dopo aver girato e girato a lungo, poiché le sembrò che la pianta non fosse mai sazia dei suoi abbracci, le venne un gran sonno.
- Aspetterò il ritorno della maestra e dei miei compagni all'ombra dei tuoi rami, - disse alla pianta che, mossa dal vento, curvò impercettibilmente la chioma. Per Altea quello fu un chiaro segno di assenso, quindi, dopo aver scelto tra tutte la nicchia che abbracciava meglio il suo corpicino - posta proprio tra le radici e il tronco - vi si adagiò e cadde subito in un sonno tranquillo.
Una dolce musica prese a suonare: sembrava provenire da un luogo molto lontano e Altea la sentiva avvicinarsi, lentamente. Rimase in ascolto per qualche istante, la musica le sembrò ancor più vicina di prima, finché si accorse che proveniva proprio dalla pianta.
C'era una cavità, vicino al terreno, che stranamente la bambina non aveva notato. Eppure era tanto curiosa e attenta, come aveva potuto passare del tutto inosservata?
Si avvicinò alla cavità, che dava l'impressione di essere davvero profonda, tanto era il buio che vi regnava. Altea, dapprima timorosa, prese improvvisamente coraggio grazie alla sua innata curiosità, e vi introdusse la testa.
- È proprio della misura giusta! - pensò, - sembra fatta apposta per me!
Quando fu dentro la cavità buia, la musica si levò cristallina e Altea riuscì a distinguere perfino le parole della canzone, che così faceva:

"Danzano, danzano, danzano le fate
sole nel buio, vi prego, non entrate!
Quando saprete che la porta è quaggiù
andar via non potrete, mai più!"

La bambina non si capacitava di quello che i suoi occhi stavano vedendo. Scorse una figura, immersa nell'oscurità, che si intravedeva appena. Una piccola donna danzava e rideva, come se accanto a lei ci fosse qualcuno, eppure era sola. Altea guardò meglio: la donna stava filando con il suo fuso che, sorretto da un filo tanto sottile da sembrare invisibile, dava l'impressione di danzare nell'aria. La donna lo faceva roteare, poi improvvisamente ne bloccava il moto e dopo un istante il fuso girava ancora mille volte in un sol gesto, mosso dalle sue abili mani.
Parve non curarsi di Altea e al contempo la studiò attentamente, invitandola ad unirsi nella danza, senza proferire verbo. La bambina non si mosse, non respirò nemmeno, ma sapeva che questo non sarebbe bastato a sottrarla dallo sguardo della piccola creatura.
Improvvisamente, la donna danzante si illuminò tutta, mostrando chiaramente i tratti del suo aspetto. Era bella, ma non come potrebbe definirsi tale una persona in carne ed ossa; la sua era una bellezza che faceva anche un po' paura.
- Cosa vai cercando? - Domandò, girandosi di scatto verso la bambina che, sorretta da una gran dose di coraggio raccolta chissà dove, decise di non farsi intimidire.
- Cercavo il luogo da cui nasce la musica.
- E dunque, l'hai trovato?
- Credo di sì.
- Credi?
Prima di rispondere Altea scelse attentamente le parole.
- Io credo, signora, di aver trovato proprio la musica. Siete voi la musica, non è così?
La creatura si accese ancor più di luce.
- Dimmi bambina cara, vorresti star qui con me?
Altea ci pensò su, valutando il significato della canzone che aveva udito poco tempo prima.
- Non devo! - Asserì con sicurezza. in un istante, ancor prima che pronunciasse le parole, venne trasportata lontano dalla musica e dalle danze. Il mondo della veglia la accolse: era tornata indietro, senza sapere come.
- Era solo un sogno! - Disse in tono sconsolato. Le venne una gran voglia di piangere, poiché avrebbe voluto parlare con la minuta signora ancora per un po'. Quante domande curiose le avrebbe posto!
Il sole stava procedendo verso l'orizzonte e le voci dei suoi compagni di classe che tornavano dalla gita si spandevano nell'aria. Altea aveva dormito per ore, eppure le sembrava fossero trascorsi soltanto pochi minuti. Durante la gita nessuno pareva essersi accorto della sua assenza.
La bimba sbirciò di nascosto la marcia dei suoi compagni di classe, grazie al favore delle folte fronde. Non appena avessero superato l'albero, fingendo indifferenza si sarebbe unita al gruppo. Con estremo stupore, vide che una bambina identica a lei già si trovava insieme agli altri, nascondendo l'assenza di Altea durante la gita. Ecco perché nessuno era tornato indietro a cercarla! Mentre provava a capire come avesse potuto verificarsi un fatto simile, decidendo anche cosa fosse conveniente fare, con la coda dell'occhio scorse un bagliore. Si voltò e notò la stessa cavità che aveva visto in sogno.
- Ma come è possibile? - esclamò - sono sicurissima che prima non c'era!
Una minuscola luce danzava nel buio, roteando e saltellando giocosamente. Senza alcuna paura, Altea protese la mano per toccarla e la luce si fermò, posandovisi dolcemente. La bimba si portò la manina davanti al naso e quando la aprì, un dito dopo l'altro, trovò al suo interno un dono della donna danzante. Era una bella collana, alla quale era appeso un ciondolo che somigliava molto alla donnina e il sottile filo di cui era fatta era lo stesso che Altea aveva intravisto durante la danza.
Guardò di nuovo in direzione dei suoi compagni che filavano via e notò l'assenza della bambina che le somigliava: era l'occasione perfetta per tornare al mondo reale.
Gli anni trascorsero e Altea tornò tante volte a far visita all'albero dove viveva la piccola donna, portando sempre al collo il gioiello, ma non accettò mai il suo invito a danzare.
Un giorno, divenuta mamma, volle far conoscere quel luogo speciale anche a sua figlia, e la portò con sé.
- Guarda piccola mia, - disse alla sua adorata bambina - in questo grande albero, che si chiama olivastro, vive una bellissima fata!
- Quale albero? - rispose la figlia - io non vedo niente.
Altea impallidì. In tanti anni non aveva capito che l'albero, in realtà, era lì solo per lei.
Da quel giorno non lo vide mai più."

collane in seta tessute a mano 


Vi è piaciuto questo racconto?
Sapete, l'olivastro secolare che lo ha ispirato esiste realmente. Lo incontrai per la prima volta tanti anni fa, proprio durante una gita scolastica, e lasciai un pezzetto di cuore tra i suoi rami.
Ve lo presento... :)

abbraccio albero

Per fortuna, diversamente da ciò che succede ad Altea, il "mio" albero non è scomparso :)
Tante volte mi sono seduta vicino alle radici di questo essere antico a osservare il mondo che ospita. Non solo con gli occhi, ma con il cuore, respirando al ritmo delle sue fronde agitate dal vento. Ho udito il frusciare delle foglie che mutano in mille colori, a seconda della luce che le illumina, come gioielli preziosi da onorare.

Animata da questi sentimenti ho creato la collana "Altea e l'olivastro".

collane in seta tessute a mano con lavorazione ad uncinetto

È stata realizzata all'uncinetto in seta ahimsa; questa seta è detta anche "seta vegetariana" perché ricavata dai bozzoli dei bachi selvatici, dopo la fuoriuscita della farfalla. La crisalide non viene uccisa per ricavare il filato, come tradizionalmente accade con gli altri tipi di seta. Così si fila che è un piacere, anche per le amiche farfalle.
  
Voglio mostrarvela proprio da vicino, in modo che capiate quanto è delicata la tessitura che decora il pancino della donna danzante ArJànas.

particolare della collana ArJànas in seta filata e tessuta a mano

Pensate: la pietra è lunga 2cm e i fili da me filati e tessuti misurano soltanto 0,25mm in torsione a due capi. Il singolo filo, prima di essere ritorto, era spesso all'incirca come un capello!
Arriverà a casa tua insieme alla sua storia stampata su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile), racchiusa in un piccolo libro rilegato a mano.
Capite perché le creazioni ArJànas sono speciali? 
Troverete la collana "Altea e l'olivastro" nel mio negozio Etsy, cliccando sul link sottostante:


Per questa mia creazione ho utilizzato più immagini e parole perché sono convinta che alcune cose, in particolare, vadano raccontate senza fretta, così da permettere a chi legge o ascolta di scoprire la magia che esse racchiudono...
Al prossimo intreccio! :)

mercoledì 30 ottobre 2013

"Cenere e Vino" - Una sciarpa per raccontare la Vendemmia

"Ogni anno Martina attendeva la vendemmia con entusiasmo fin da quando i primi acini facevano la loro comparsa tra le foglie verdi e grandi della vite. Quando andava alla vigna del nonno insieme alla sua zia più cara, per prima cosa controllava che ogni acino della sua pianta di vite preferita fosse dove l'aveva lasciato la volta precedente. Ne seguiva i cambiamenti e annotava nella sua testolina ogni minima variazione di colore e dimensione. Questo per lei era un bellissimo gioco che inventò dal nulla, per trascorrere più pacificamente i giorni che la separavano dalla grande festa della vendemmia. Neanche il Natale per Martina era bello quanto quella ricorrenza!
Quell'anno, come tutti gli altri anni, arrivò il ventun settembre. Al mattino presto la nebbia accolse tutta la famiglia, aprendosi pian piano, fino a lasciar posto alla vista dei filari colorati e carichi d'uva.
Martina si precipitò dalla sua pianta preferita, quella in fondo a destra, nell'angolo esterno della vigna. Il primo taglio spettava sempre a lei, essendo la più giovane di età. Doveva aprire le danze, quasi che la vendemmia in quel momento si trasformasse in una festa da ballo e lei fosse la principessa che ha l'onore di danzare per prima.
Felicissima, la bambina afferrò il grappolo d'uva matura, ma non ebbe il tempo di tagliarlo poiché avvertì subito un forte dolore alla mano. Una vespa volò via e le lacrime cominciarono a venir giù dagli occhi di Martina senza che lei riuscisse a fermarle, né voleva farlo, tanto era il disappunto per aver visto il momento atteso a lungo rovinato in un solo istante. La mano andava gonfiandosi sempre più e le faceva male. Pianse e pianse: inizialmente tutti si diedero da fare per coccolarla e far sì che non pensasse troppo al dolore, ma Martina non riusciva proprio a smettere di piangere. Dopo qualche tempo trascorso così, il resto della famiglia inevitabilmente cominciò la vendemmia, ma tutto era diverso senza le risate gioiose della bambina. Così trascorsero le ore e Martina sembrò aver rinunciato alla festa.
Nel pomeriggio la zia le si avvicinò sorridendo amabilmente, quasi che volesse contagiare a Martina quel sorriso.
- Dai, vieni ad aiutarmi! Non vorrai mica farti rubare la vendemmia dalle lacrime e dal malumore!
- No, sono triste e non voglio più vendemmiare.
- Certo che lo vuoi, e sai perché? Perché se mi aiuterai io ti regalerò un segreto che non conosce nessun altro al mondo.
Il volto della bambina si illuminò di curiosità.
- Dammi la mano, - disse la zia - se mi aiuterai te lo svelerò, promesso!
Le due si incamminarono mano nella mano e così raggiunsero la pianta preferita di Martina.
Sua zia raccolse il grappolo d'uva che Martina avrebbe voluto tagliare se non fosse stata punta dalla vespa.
- Su, taglialo! - la incoraggiò.
Martina voleva conoscere il segreto di sua zia e così cercò con tutte le sue forze di vincere la paura. Impugnò le forbici e poco dopo il grappolo rimbalzò nella cesta, per poi confondersi con tutti gli altri.
- Brava, - esclamò sua zia - ora taglia tutti i grappoli delle prime cinque piante e poi raggiungimi.
Non disse altro. Girò i tacchi e Martina la vide allontanarsi con passo sicuro in direzione della piccola costruzione che veniva utilizzata come rifugio dalla famiglia, quando si doveva vendemmiare; oppure dal nonno, nelle pause tra un lavoro e l'altro nella vigna.
La bimba raccolse in tutta fretta i grappoli e corse dalla zia. La trovò accucciata vicino al camino, dove ancora ardeva qualche brace del fuoco acceso per cucinare il pranzo.
- Vieni qui, siediti vicino a me.
Martina si avvicinò docilmente e si rannicchiò di fronte alla zia.
- Guarda, - disse la donna, e prese a tracciare delle figure femminili nella cenere con l'aiuto di uno stecco; in totale ne disegnò tre.
La bimba seguiva ogni suo gesto, incantata.
- Vedi come danzano? Se smettessero di farlo sarebbe un bel problema... l'uva non maturerebbe più. E non ci sarebbe più festa, né vino!
- Chi sono? - Domandò Martina.
La zia non rispose, ma disegnò altre due donne, ciascuna ai lati delle prime tre.
- Non lasciare che una piccola puntura ti impedisca di danzare. E anche se fa tanto male devi provare a sorridere ancora, se vuoi che il vino venga buono. Ora andiamo a finire il lavoro che abbiamo lasciato a metà!
Così dicendo si alzò e condusse la nipote alla sua amata vendemmia, facendole il solletico, danzando e cantando."


I filari bagnati dalla luce del tramonto, il profumo sabbioso del terreno vangato di fresco, la nicchia fra i cespugli che si tramuta magicamente in una tana sicura da cui sbirciare il mondo, senza farsi notare troppo. Momenti di magia e di attesa, quasi che, rimanendo ferma tra i verdi rami, il tempo si fermasse e l'infanzia non finisse mai... Questo, e molto altro, potrebbe aver notato e vissuto la piccola Martina recandosi nella vigna del nonno per la prima volta, e anche le volte successive, quasi che tornarci servisse a prolungare la magia di quel primo incontro. C'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, qualche particolare che forse non è stato osservato abbastanza a lungo, nell'antico regno della vite. Bisogna fargli visita ancora e ancora per verificare che tutto proceda bene, fino alla grande festa della vendemmia.
Dopo aver lavorato tutto il giorno tra canti e risa, ma pur sempre duramente, la fine della giornata esploderà in un tripudio di profumi e colori, mentre dei piccoli piedi di fata prenderanno a saltellare sull'uva matura. Sono i piedini di Martina che guidati dall'amore per la Natura e per la vita si animano in una danza allegra e colorata, per scacciare via il malumore. Eh, sì... la zia aveva proprio ragione!

Immaginando ciò che vi ho narrato ho tessuto la sciarpa "Cenere e Vino", e così la storia di Martina si è intrecciata alla mia e a quella di un'altra donna, risalente all'epoca della sua infanzia. La sua storia non ha avuto un finale tanto lieto e nonostante siano passati gli anni la signora, ormai anziana, continua a raccontarla con un velo di tristezza. Nonostante questo, a è valsa ugualmente la pena di ascoltarla e perché no, tramutare la sua tristezza in qualcosa di più bello e buono.

sciarpe in lana tessute a mano al telaio

Ma torniamo alla sciarpa...
Il suo bordo è decorato da un motivo di pippiolini lavorati all'uncinetto: sono gli acini dell'uva che Martina ha raccolto! Ho ricamato una piccola donna "ArJànas" vicino alle frange, di modo che danzi seguendo i tuoi movimenti... la testa della donna è un luminoso bottone di madreperla, per ricordarti di far brillare il tuo sorriso, anche nel buio :)

sciarpe tessute a mano al telaio nel laboratorio ArJànas

La fascia realizzata all'uncinetto, impreziosita anch'essa da un bottone di madreperla, ti permetterà di indossare la sciarpa in un modo ancor più particolare!
Arriverà a casa tua insieme alla sua storia stampata su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile), racchiusa in un piccolo libro rilegato a mano.
Puoi trovare questa creazione tessuta seguendo il link sottostante:


A presto!


domenica 27 ottobre 2013

"Terra e Melagrana" - Un intreccio di ricordi

"Annina aveva quattro anni quando vide per la prima volta una melagrana. Per una bimba nata e cresciuta in città, si trattò di un privilegio molto raro. Fu la sua amata nonna a donarle questo ricordo davvero speciale. 
La bambina si trovava in vacanza in Sardegna insieme ai suoi genitori e un bel giorno, mentre questi erano indaffarati nelle loro faccende, la nonna la condusse presso il piccolo orto che si trovava poco distante da casa sua.
Quando furono al cospetto del melograno carico di frutti, prese tra le braccia la nipotina e la sollevò in alto, così che potesse raccoglierne uno. E fu il più bello e prezioso quello che Annina colse, perché lo scelse seguendo la logica della gioia e della spensieratezza. Afferrò a melagrana con le sue piccole mani. Non sapeva come coglierla!
Falla girare! Falla danzare! - disse la nonna, e cantò:
- Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra!
A quelle parole i piedini di Annina toccarono di nuovo il terreno, in una grossa risata.
- Fa' un po' vedere quella melagrana - disse la nonna.
Lei la sollevò, e gliela mostrò, con gli occhi grandi come il mondo.
- È bella, vero? E non hai ancora visto cosa si nasconde dentro! - Disse la nonna, con uno sguardo di complicità.
- Cosa c'è lì dentro, nonnina?
- Devi scoprirlo da sola... e dovrai anche scoprire dove guardare!
Annina rigirò la melagrana tra le mani e dopo averla studiata per pochi istanti si accorse della corona che sormontava la testa del frutto. Guardò sua nonna, e una risata cristallina fece vibrare l'aria. Avvicinò il suo occhietto curioso alla cavità e vi sbirciò dentro, come se si affacciasse al bordo di un pozzo.
- L'ho vista! L'ho vista! Nonna, l'ho vista! E stava ballando!
- Shhh! - disse la nonna - questo sarà il nostro segreto!"

Questa è la storia di Annina... nasce da un ricordo della mia mamma che fin da bambina ho sentito raccontare moltissime volte. Mi diceva di come la mia bisnonna, che si chiamava Dorotea, la portasse amorevolmente con lei per farsi aiutare a raccogliere la frutta. All'alba andavano a piedi fino alla frazione in cui si trovava l'orto, poco distante da casa. Poi tornavano fianco a fianco, con le ceste ricolme di tesori, la mia bisnonna con la sua in equilibrio sulla testa...
Ho sempre adorato sentire questo racconto e così l'ho tessuto, in modo tale che qualcun altro potesse gioirne insieme a me :)

sciarpe tessute a mano al telaio

Certo, la mia versione è un po' diversa: è il frutto nato dal semino che tanti anni fa mia mia madre piantò, raccontandomi la sua storia. È meraviglioso pensare che un ricordo gioioso possa fare tanto bene al cuore di chi lo riceve... nutrirne i sogni, regalare la voglia di vivere a sua volta dei momenti semplici e dolci.

sciarpe tessute a mano al telaio nel laboratorio ArJànas

Eccola qui! Insieme alla sciarpa ho realizzato una spilla lavorata a maglia e all'uncinetto per impreziosirla. Questa richiama la forma della corona sulla testa delle melagrana colta da Annina... e se guardate bene, potrete assistere anche voi alla danza di una piccola creatura!
È la donna danzante ArJànas, che vi invita a danzare con lei :)
Per darle un tocco ancor più particolare, ho pensato di creare un bottone bucando un seme di dattero... questo si è poi trasformato nella sua testolina.
La natura pensa a tutto!

La sciarpa arriverà a casa tua insieme alla sua storia stampata su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile), racchiusa in un piccolo libro rilegato a mano.
Potete trovare la sciarpa nel mio negozio Etsy, cliccando qui sotto:

Al prossimo intreccio! :)

sabato 26 ottobre 2013

"Zucca e Cioccolato" - Una morbida sciarpa per un dolce autunno

Quanto sono buone le zucche! E belle, anche! Durante le passeggiate in campagna, quando mi capita di vederle tutte allineate nel terreno, immagino che siano abitate da topolini, gnomi, folletti e fate che felici saltellano e giocano tra le loro casette. Queste ultime, con l'aiuto di una dolce filastrocca, cercano di attirare l'attenzione di qualche timida bambina che potrebbe trovarsi nei dintorni:

"Pioggia di foglie e nebbia nel cortile
danzano le fate insieme alle bambine
spunta la luna i nasi vanno su
guarda guarda, ti diverti anche tu!" 

Animata dall'amore per questo dono dell'autunno, la scorsa primavera ho deciso di provare a piantare un semino di zucca per rivivere nel mio piccolo orto quelle emozioni. Non ho molto spazio a disposizione, quindi la mia pianta è cresciuta dentro una vecchia cassetta della frutta, in modo tale da poterla tenere dove la terra non c'è. Dopo circa tre mesi ho potuto raccogliere una zucca violina davvero dolce e profumata. È bello e dà soddisfazione coltivare qualcosa da sè, sperimentando in prima persona i cicli della terra. Devo dire che mi ero talmente affezionata alla zucchetta che quasi mi dispiaceva tagliarla.
Mentre la preparavo per farne dei biscotti mi sono detta: perché non tesserla? La abbinerò alla lana color cioccolato e sarà subito un dolce autunno!

sciarpa in lana tessuta a mano al telaio

Così anche durante l'inverno, quando i colori si faranno più freddi, una sciarpa come questa potrà aiutare chi la indosserà a viaggiare con la fantasia e tornare lungo i viali autunnali, tra le foglie secche e le zucche abitate da allegre creature. Per chiudere la sciarpa si prende per mano la bambolina, la si fa girare intorno al bottone... e la danza avrà inizio...

sciarpe tessute a mano al telaio

Arriverà a casa tua insieme alla sua filastrocca, scritta a mano su carta FSC (Fonti gestite in maniera responsabile).

Potete trovare la sciarpa nel mio negozio Etsy, cliccando qui sotto :)


Così è nata la prima sciarpa della collezione accessori ArJànas che si ispira inevitabilmente ai colori della natura e delle stagioni, alle emozioni che queste sanno donare al cuore chi vuole coglierle.
Presto vi mostrerò tutte le altre, narrandovi la loro storia... :)

Benvenuti tra le "ArJànas"!

Le creazioni "ArJànas" sono uniche e originali.
Ciascun pezzo viene tessuto, cucito e assemblato con tutta la cura necessaria, seguendo l'ispirazione del momento e per questo motivo non è riproducibile.
Dedicate qualche istante a immaginare delle mani di Donna che tessono e intrecciano, muovendosi come al ritmo di un'antica danza.... e così capirete quanto queste piccole Donne siano speciali.

Perché "ArJànas"?
Questo nome ne racchiude in sè altri tre. Arianna, Arja e Janas.
Prima di tutto c'è Arianna, questo è il mio nome. Il nome della divinità che giunge fino a noi dall'antichità, insieme al suo filo. Chi meglio di lei può creare dei magici intrecci?
Poi arriva l'Arja. L'Arja, o Argia, è un ragno la cui figura appartiene anche alla mitologia della Sardegna. La sua pericolosa puntura provocava alte febbri che in passato venivano curate con danze e balli, coinvolgendo tutta la comunità. Gli effetti della febbre, infatti, erano considerati una vera e propria possessione da parte dello spirito del ragno e solo l'euforia della danza, secondo la tradizione, avrebbe potuto salvare la persona posseduta. Questa veniva considerata fuori pericolo solo se avesse riso durante il rituale.
Infine ci sono le Janas, le fate delle rocce. Sono creature capaci di filare così sottile da creare sui loro telai d'oro delle tele impalpabili. In particolari occasioni calavano silenziosamente dalle montagne per unirsi agli esseri umani "in su ballu tundu", il ballo rituale in cerchio.
Naturalmente non può mancare l'acqua. È solo grazie all'acqua dei mari e delle sorgenti sarde che le "Arjànas" divengono capaci di tramutarsi in meravigliose sirene, per aiutare chi ne ode il canto, chi si è perso...

Ho tessuto questi nomi per creare un intreccio dai molteplici significati che si snodano attraverso il tempo e le tradizioni mediterranee, della Sardegna in particolare. "ArJànas" è un nome che racconta di fili, di trame, di misteriose danze, capace di ricongiungere lo spirito al filo di un passato di cui non si deve perdere memoria.
Udite già la musica? Allora, che aspettate? Non siate timidi, venite a danzare insieme a noi!

collana tessuta a mano con tecnica a cintura in lino